Entusiasmo e professionalità, appena riconfermato Giulio è già proiettato per la prossima stagione.
Intervista di: Marco Gobbino – Foto: Rebecca Animobono
Arrivato lo scorso anno sotto la Rupe, dopo esperienze anche nel calcio professionistico, l’allenatore dei portieri Giulio Di Antonio sembra proprio aver trovato ad Orvieto il suo luogo ideale dove mettere in pratica la sua passione con grande professionalità.
Che stagione è stata e con quale spirito sei pronto ad affrontare la nuova?
“C’è già molto entusiasmo e non vedo l’ora di ripartire, in realtà già in questi giorni ci stiamo occupando di come organizzare la prossima preparazione estiva e ho colloqui quotidiani sia con i portieri che con il resto dello staff. Ho avuto la possibilità, nella stagione appena conclusa, di misurarmi con portieri evoluti, un aggettivo adatto non solo per Filippo Marricchi, che era già ad altissimi livelli, ma anche per i giovani Rossi, Formiconi e gli altri, perché, nel rispetto delle loro età, li ho trovati tutti al giusto livello”.
Hai appunto lavorato sia con un portiere di grande esperienza come Marricchi, sia con uno giovane come Rossi, senza tralasciare anche gli altri ancora più giovani che si stanno mettendo in luce, come si portano avanti figure così diverse?
“Bisogna metterli tutti nella migliore condizione, soprattutto mentale. Ovvio che ho le mie metodologie di tecnica e preparazione, le mie linee guida, ovvio poi che ci si confronta con il primo allenatore che decide la tattica, ma poi, soprattutto per un portiere, l’aspetto mentale è fondamentale. Quindi la metodologia va adattata alle diverse situazioni che di settimana in settimana si presentano. Si viene da risultati negativi? Inutile metterci a fare lavori pesanti, ci deve essere dialogo e profonda conoscenza anche delle esigenze mentali. Credo molto nei rapporti umani”.
Quindi fiducioso sul materiale umano a disposizione per il prossimo anno?
“Molto fiducioso, abbiamo deciso di puntare sui giovani di Orvieto, mi piacerebbe che diventino quelle che una volta, e chissà magari ancora oggi, si chiamavano “bandiere”, sarebbe il risultato più bello. E attenzione perché dietro a Rossi e Formiconi, che li reputo pronti, ci sono anche dei 2007 e 2008 interessanti che potranno fare bene ancora nel settore giovanile agonistico per poi avvicinarsi alla prima squadra. Quest’anno poi avrò modo di dedicarmi a tempo pieno all’Orvietana e mi piacerebbe seguire tutto il movimento dei numeri uno”.
Ma ci sarà un esercizio che i tuoi ragazzi non sopportano?
“Sinceramente no! Mi piace variare, cambio sempre le esercitazioni, anche come spiegavo prima a seconda delle esigenze psicologiche, per cui non si annoiano mai e anche se qualche esercizio risultasse faticoso, spiego sempre bene a cosa serve e quali miglioramenti porta, per cui non ho assistito ad alcuna lamentela”.
Quanto tempo dedichi all’analisi dei match sia appena conclusi, sia del prossimo avversario?
“È un aspetto vitale. E devo ringraziare il nostro match analyst Mirco Ceccantoni, che è bravissimo. Io già il lunedì mattina rivedo tutta la gara appena disputata, poi col supporto di Mirco vado a valutare le prestazioni. Poi si passa subito all’analisi del prossimo avversario, a volte già lunedì sera. Si studiano i calciatori, come giocano la palla, come tirano in porta, che movimenti avvengono nella fase offensiva. Si arriva così alla riunione tecnica del sabato con un prodotto ben confezionato da mostrare ai portieri, per andare più nei dettagli. Devo dire che è un metodo che ha portato risultati, se ripenso a tutte le 34 gare di campionato, fatico a trovare delle vere e proprie “frittate” dei miei ragazzi”.
La tua carriera?
“Facevo il portiere in prima categoria, prima ancora nel settore giovanile dell’Elettrocarbonium, ebbi la possibilità del grande salto quando andai alla primavera della Cremonese, ma un brutto incidente stradale mi impedì quel sogno, tibie e peroni rotti e carriera in campo finita presto. Poi nel 2007 incontro Guido Nanni alla Pro Sabina, lui era allenatore dei portieri in prima squadra e io alla Juniores, è stato il mio maestro insieme a Grigioni. Ho quindi avuto diverse esperienze, anche a Viterbo in primavera, mentre la prima squadra era in serie C, così come alla Ternana. Ma devo dire che bene come sono stato qua a Orvieto, non ci ero stato mai. La società non ci ha mai fatto mancare nulla, organizzazione minuziosa, trasferte organizzate alla perfezione; è stata data la possibilità a me, come ad altri dello staff, di pernottare a Orvieto. Insomma la società sa che spendere qualcosa in più su questi aspetti porta a volte più punti che farlo per un nome più di grido. Altrove ci facevano partire alle 5 del mattino per una trasferta, forse risparmi economicamente, ma perdi serenità e lucidità. Insomma qui a Orvieto si fa calcio, si sa fare calcio e so che queste attenzioni stanno diventando motivo di passaparola molto apprezzato nell’ambiente e sicuramente fanno ancora più presa quando devi convincere qualcuno a venire, o a restare, qua”.
Come vivi la partita la domenica? Anche dalla panchina?
“In panchina sono il più calmo di tutti. Se vedete Antonio Rizzolo ed Enrico Broccatelli a volte non contenersi, io sono il più sereno e quello che li va a calmare, anche perché so che tutto quel lavoro di cui parlavo prima, che facciamo non stop dal lunedì alla domenica, alla fine porta risultati. Non ho mai dubitato che ci saremmo salvati”.